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DISCORSO DELL’AMBASCIATORE SILVIO MIGNANO IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA REPUBBLICA 2021

Eccellentissimo Presidente Guy Parmelin, Eccellentissimo Consigliere Federale Ignazio Cassis, Capo del Dipartimento Federale Affari Esteri, Eccellentissimi Consiglieri Federali,

Ihre Hoheiten Hans Adam e Alois Philipp Maria von und zu Liechtenstein, Ehrenwertere Ministerin für Äusseres, Bildung und Sport Frau Dominique Hasler,

Eccellentissimo Nunzio Apostolico, decano del corpo diplomatico, eccellentissimi ambasciatori e tutti i membri del corpo diplomatico e consolare accreditato in Svizzera e Liechtenstein,

Onorevoli parlamentari del Consiglio degli Stati e del Consiglio Nazionale svizzeri e del Landtag del Liechtenstein,

Onorevoli parlamentari italiani eletti in Europa e in altre circoscrizioni estere,

Autorità federali, cantonali, comunali e locali della Svizzera e del Liechtenstein,

Signor Segretario Generale e Signori Consiglieri del CGIE, Signori presidenti e membri dei Comites e di tutte le realtà associative italiane in Svizzera e in Liechtenstein,

Signori presidenti e membri delle Società Dante Alighieri, della SAIS e di tutte le altre istituzioni culturali e scolastiche italiane in Svizzera e in Liechtenstein,

Signor Presidente e membri della Camera di Commercio Italo-Svizzera e tutti gli attori del mondo imprenditoriale italiano in Svizzera e in Liechtenstein,

Signori esponenti del giornalismo per gli italiani all’estero e tutti i rappresentanti della stampa italiana, svizzera, del Liechtenstein e internazionale,

Cari Consoli, Consoli Generali, colleghi dell’Ambasciata d’Italia a Berna, dei quattro Uffici consolari, dei consolati onorari, dell’ICE, dell’ENIT, del CONI, dell’Istituto Italiano di Cultura, degli uffici scolastici, di tutte le Istituzioni italiane presenti nella Confederazione Elvetica e in Liechtenstein,

Cari connazionali, Signore e Signori,

Ridendo allora Beatrice disse:
«Inclita vita per cui la larghezza
de la nostra basilica si scrisse,

fa risonar la spene in questa altezza:
tu sai, che tante fiate la figuri,
quante Iesù ai tre fé più carezza».

«Leva la testa e fa che t’assicuri:
ché ciò che vien qua sù del mortal mondo,
convien ch’ai nostri raggi si maturi».

Questa che vi ho letto è la descrizione della speranza fatta dal nostro più grande poeta, nel XXV canto del Paradiso. Lo stesso Papa Francesco, nella sua lettera apostolica Candor lucis aeternae del 25 marzo scorso, definisce Dante “profeta di speranza che dà slancio al nostro cammino”. Speranza, Dante Alighieri, Duemilaventuno: siamo entrati nel settecentesimo anno dalla morte del Sommo poeta e abbiamo compiuto purtroppo un anno di emergenza pandemica. Questi due dati temporali, così distanti e così diversi tra loro, vorrei che fossero oggi illuminati proprio da questa parola, che Dante nelle terzine che ho letto non nomina esplicitamente ma che Beatrice descrive con parole di assoluta bellezza.

Abbiamo tutti bisogno di speranza, in questo momento, dopo un anno e mezzo di sospensione delle nostre esistenze quotidiane, di congelamento quasi o di forte condizionamento delle nostre attività professionali e istituzionali, dei nostri commerci, dei nostri studi, dei nostri viaggi, affetti, giochi, passioni, sogni. La speranza tuttavia deve avere – e per fortuna ha – fondamenta solide, date dall’intelligenza umana, dalle magnifiche sorti e progressive cantate da Leopardi. La campagna di vaccinazione è in corso in Italia, in Liechtenstein, in Svizzera, in tutta Europa e nel mondo, e ci sta permettendo di vincere anche questa battaglia comune nel nome dell’umanità tutta.

La speranza non deve tuttavia farci dimenticare, e desidero perciò dedicare un commosso ricordo a tutte le vittime della pandemia, a quelle che pochi giorni fa purtroppo hanno perso la vita sulla funivia del Mottarone, alle tante, troppe vittime sul lavoro e per la violenza di genere o dettata da ogni tipo di odio e intolleranza. Ricordiamo anche l’Ambasciatore Luca Attanasio, il Carabiniere Vittorio Iacovacci, l’autista Mustapha Milambo, gli Ambasciatori Tosca Barucco e Antonio Verde. Che ciascuno ricordi anche i propri cari.

Il 2021 è anche il centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, proclamata con legge a Torino il 17 marzo 1861. Ecco dunque che possiamo associare il nome della speranza, quello che Beatrice presenta a Dante, con il concetto di unità, lo stesso che ci vede impegnati sul fronte della ripresa dalla pandemia. Lo stesso che gli italiani hanno saputo interpretare nel Risorgimento, nella Resistenza, durante gli anni della ricostruzione postbellica, sconfiggendo il terrorismo negli anni di piombo, lottando contro le mafie per la legalità, la giustizia, la libertà.

Lo stesso che hanno interpretato i milioni di emigrati che a partire dalla fine degli anni Quaranta hanno lasciato la casa e gli affetti per aiutare l’Italia a ricostruirsi, e che spesso, come accadde a Marcinelle o a Mattmark, proprio in Svizzera, persero la vita per amore dei propri cari e della società che sognavano di costruire.

L’ho ricordato anche l’anno scorso: la terribile tragedia di Mattmark è solo un episodio, doloroso come pochi, di una storia che vede inscindibili i destini di svizzeri e italiani. Enea Silvio Piccolomini fondò, quando era già Papa Pio II, l’Università di Basilea più di cinquecento anni fa. Lo svizzero Borromini diede a Roma la sua forma più bella, con architetture commoventi per quanto sfidano l’impossibile, come nella lanterna di sant’Ivo alla Sapienza, che si avvita infinita in uno spazio disegnato sul nulla. La Svizzera ospitò nel 1831, centonovanta anni fa, Giuseppe Mazzini, uno dei padri del pensiero europeo e il padre delle più profonde teorie risorgimentali e repubblicane italiane e della stessa Giovine Europa, creata proprio a Berna il 15 aprile 1834, primo vagito di quella costruzione europea che in seguito si posò con Altiero Spinelli sull’isola pontina di Ventotene e fiorì a Roma, il 25 marzo 1957, con la firma del trattato istitutivo della Comunità Europea, oggi Unione Europea, della quale siamo orgogliosi fondatori e convinti membri.

La dimensione europea è oggi indispensabile per poter pensare davvero a una ripresa della speranza, così come quella multilaterale, come ci ricorda il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Se un insegnamento certo abbiamo tratto da questo anno difficile è che nessuno è in grado di farcela da solo, nemmeno la persona più ricca, nemmeno lo stato più֫ potente. Solo insieme, nella cooperazione e solidarietà, abbiamo potuto, possiamo e potremo liberarci.

Per quelle idee di unità e libertà hanno combattuto e hanno poi lavorato in pace tutti coloro – e sono stati tanti – che hanno costruito la Repubblica Italiana, di cui celebriamo in questo 2 giugno i settantacinque anni, e che poi l’hanno dotata un anno e mezzo dopo di una Costituzione bella, giusta, nobile. La Repubblica Italiana è quell’“Est igitur res publica res populi” di cui scrisse Cicerone nel De Republica: la repubblica è la cosa di tutti, di tutto il popolo.

Seicentocinquantamila italiani vivono oggi in Svizzera. Quasi centomila vi lavorano ogni giorno attraversando le frontiere. Insieme fanno quasi il dieci per cento della popolazione elvetica. Alcuni di loro si spostano anche in Liechtenstein o vi risiedono direttamente. Anche in epoca di pandemia non è mai venuto meno il lavoro congiunto, non è mai mancata la mutua solidarietà. Gli aeroporti di Zurigo, Basilea e Ginevra hanno funzionato quali snodi per consentire, nei primi mesi dell’emergenza, il rientro in Italia di migliaia di connazionali che venivano da ogni parte del mondo. Le frontiere tra le regioni del nord Italia e i cantoni del sud elvetico sono rimaste aperte, non solo per consentire che il lavoro dei frontalieri – molti dei quali attivi nel settore medico e sanitario – non si interrompesse mai, ma anche per aiutare i rispettivi rientri a casa dei cittadini dei due paesi e del Liechtenstein. In Ticino, ma non solo, i nostri connazionali hanno avuto e hanno un ruolo fondamentale proprio per garantire il funzionamento del settore della salute.

I nostri uffici consolari non hanno mai chiuso durante questo anno e mezzo di emergenza, e mi fa piacere ringraziare i Consoli, Consoli Generali e tutto il nostro personale.

La diminuzione dell’interscambio commerciale con la Svizzera tra il 2019 e il 2020, prima e dopo lo spartiacque drammatico del virus, è stata contenuta e tra le più basse al mondo, e già abbiamo segnali solidi, concreti, di pieno recupero dei valori precedenti la pandemia. A marzo le esportazioni italiane in Svizzera sono cresciute del 37% (trentasette per cento!) rispetto al 2020. Quattro regioni di frontiera esportano in Svizzera più di quanto faccia l’intero Giappone, e il volume complessivo di operazioni commerciali tra i due paesi è superiore alla somma di quello che l’Italia ha con i due più grandi stati asiatici.

La Dottoressa Fabiola Gianotti, che ci ha fatto prezioso omaggio di un suo contributo video in questa giornata di festa nazionale parlandoci dell’importanza per l’Italia della ricerca scientifica, è stata riconfermata alla direzione del CERN di Ginevra. L’italiano Günther Dissertori è stato nominato pochi giorni fa rettore del Politecnico di Zurigo. Sono i due esempi più alti di un movimento che però è molto più ampio e allo stesso tempo profondo e che segna la presenza della ricerca scientifica italiana in Svizzera, come dimostra l’attività della SAIS presieduta dal fisico italiano Antonio Ereditato. Ma lo stesso va detto delle arti, della letteratura, della ricerca umanistica, in un paese che ha l’italiano quale lingua nazionale, un patrimonio unico al mondo che intendiamo tutelare e promuovere. Il professor Antonello Tolve dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino ci accompagnerà oggi con un altro video sull’arte italiana del Novecento, mentre alle cinque di sera potrete tutti assistere sempre in video a un concerto del quartetto di archi EOS, composto da giovani musicisti italiani attivi in Svizzera, vincitori del Primo Premio al prestigioso Orpheus Competition di Winterthur, che si terrà in questo stesso salone della residenza italiana.

Ho il piacere immenso di annunciare che le celebrazioni per i Settecento anni di Dante Alighieri avranno il loro momento più alto proprio il 14 settembre, giorno della morte del Sommo poeta, nel Palazzo federale di Berna, l’edificio che più di ogni altro incarna le istituzioni svizzere. Giunga al Parlamento elvetico il mio più sincero ringraziamento per questa opportunità preziosa.

Questi sono anche i cento anni dalla nascita di due grandi figure della letteratura italiana, svizzera e universale, Leonardo Sciascia e Friedrich Dürenmatt. Entrambi hanno indagato il mistero del destino e del caso, hanno scritto della giustizia e della verità anche quando queste ultime si fanno sfuggenti e a volte ci appaiono chimere. Ricordarli insieme è un altro modo molto bello di celebrare la nostra amicizia, e lo faremo in modo speciale in occasione della prossima Settimana della Lingua Italiana nel Mondo.

Siamo il paese con il più alto numero di siti patrimonio mondiale dell’umanità dell’UNESCO. Siamo la patria della bellezza, dell’arte nelle sue manifestazioni più elevate e squisite. Non è un caso se abbiamo aperto queste celebrazioni con l’inno di Mameli diretto dal più grande direttore d’orchestra vivente, il Maestro Riccardo Muti, e interpretato dal coro dell’Orchestra Cherubini.

Questo insieme di progresso e di bellezza, di poesia e di ricerca scientifica, di lavoro e di solidarietà, di Italia e di italiani all’estero, è il patrimonio sul quale contare oggi in Italia, in Svizzera, in Liechtenstein, nel mondo, unendoci e ritrovandoci in un comune continuo permanente gesto di liberazione.

Liebe Freundinnen, liebe Freunde,

Heute gedenken und feiern wir den 2. Juni 1946. Jener Tag, seit 75 Jahre, an dem die Italiener die Republik als Regierungsform wählten. Es ist für uns auch ein Tag der Hoffnung, die Hoffnung die Beatrice zeigte zu Dante im XXV. Gesang des Paradieses und die heute wir brauchen um unsere Zukunft wiederaufzubauen, um die Pandemie zu besiegen und die Gegenwart und die Zukunft wieder in die Hand zu nehmen.

Wir feiern heute auch die Freundschaft mit dem Liechtenstein und mit der Schweiz, eine lange, alte Beziehung und gleichzeitig jung und reich an Zukunft – eine Freundschaft, die Giuseppe Mazzini dazu führte nach Genf, Grenchen und Bern zu flüchten und dort das Junge Europa (Giovine Europa) zu gründen.

Wir feiern das Opfer von hunderttausenden von italienischen Migranten, die eine Zukunft in diesen Ländern suchten und zu der Entwicklung dieser beitrugen, indem sie auch ihr Leben aufs Spiel setzten, wie es im Jahre 1965 in Mattmark geschah.

Wir feiern die Europäische Union, von der wir Italiener stolze Gründer und überzeugte Mitglieder sind und die unsere gemeinsame Zukunft ist. In diesem Jahr haben wir gelernt, dass wir nur gemeinsam den Notstand überwinden können.

Wir feiern die unvergleichliche Grösse der italienischen Kultur und Schönheit. In diesem Jahr 2021 gedenken wir den siebenhundertjährigen Todestag von Dante Alighieri, der größte Dichter der Menschheit. Am 14. September werden wir zusammen Dante feiern im Bundesgebäude in Bern. Wir feiern auch zwei große Schriftsteller von Italien und Schweiz, Leonardo Sciascia und Friedrich Dürenmatt, die beiden seit ein hundert Jahre, im 1921, geboren sind. Wir werden sie zusammen feiern während der nächsten Woche der italienischen Sprache in der Welt.

Chères amies, chers amis,

Aujourd’hui nous célébrons le 2 juin 1946, le jour, il y a 75 ans, où les Italiens ont choisi la République comme forme de gouvernement. C’est aussi un jour d’espérance, l’espérance que Beatrice montra à Dante dans le Chant XXV du Paradis et dont nous avons besoin pour vaincre la pandémie et reprendre possession du présent et du futur.

Nous célébrons également notre amitié avec le Liechtenstein et la Suisse, une relation ancienne et à la fois jeune et riche d’avenir, l’amitié qui conduisit Giuseppe Mazzini à se réfugier à Genève, à Grenchen et à Berne et à créer ici la Jeune Europe (Giovine Europa).

Nous célébrons le sacrifice des centaines de milliers d’émigrants italiens qui cherchèrent l’avenir dans ces terres et contribuèrent à les faire grandes, même au prix de sa vie, comme c’était le cas en 1965 à Mattmark.

Nous célébrons l’Union Européenne, dont nous les Italiens sommes fiers fondateurs et convaincus membres, et qui est notre avenir commun. Cette année, nous avons appris que seulement ensemble nous pouvons surmonter les situations d’urgence.

Nous célébrons la grandeur inégalée de la culture et de la beauté italiennes, en ce 2021 marqué par les sept cents de la disparition de Dante Alighieri, le plus grand poète de l’humanité. Le prochain 14 Septembre nous célèbrerons ensemble Dante dans le Palais Fédéral à Berne. Nous célébrons aussi deux grands écrivains d’Italie e de la Suisse, Leonardo Sciascia et Friedrich Dürenmatt, qui tous deux sont nés il y a cent ans, en 1921. Nous les célèbrerons ensemble à l’occasion de la prochaine Semaine de la langue italienne dans le monde.

Ho trascorso gran parte della mia vita fuori dall’Italia, ormai, e soprattutto ho imparato a conoscere e amare i tanti italiani che hanno trascorso l’intera esistenza lontani da casa. Abbiamo identità composite, preoteiformi. La nostra forza è nell’assenza di purezza, nella capacità di accogliere le differenze e farne bellezza. Un grande poeta del nostro Novecento nato ad Alessandria d’Egitto, Giuseppe Ungaretti, così scrisse:

Sono un poeta
un grido unanime
sono un grumo di sogni

Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra

Ma il tuo popolo è portato
dalla stessa terra
che mi porta
Italia

Viva il Liechtenstein,

Viva la Svizzera,

Viva l’Unione Europea,

Viva l’Italia!